domenica 24 aprile 2011

Recensione: The frozen boy di Guido Sgardoli

Come promesso ecco qui la recensione di "The frozen boy" :)

Titolo: The frozen boy
Autore: Guido Sgardoli
Editore: San Paolo Edizioni
Collana: Narrativa San Paolo ragazzi
Pagine: 126
Prezzo: 15,00€
Trama: Groenlandia, aprile 1946. Il dottor Robert Warren è un uomo distrutto dal rimorso e dai sensi di colpa; con il suo lavoro ha contribuito alla realizzazione delle bombe che hanno raso al suolo Hiroshima e Nagasaki e suo figlio Jack è morto, dilaniato da un’esplosione in un luogo imprecisato del Pacifico. Sa di non essere stato un buon padre, troppo preso dal suo lavoro e da se stesso, ma proprio quando ha deciso di farla finita si imbatte nel corpo di un ragazzino racchiuso in una lastra di ghiaccio. Trasportato in laboratorio, il ragazzo viene rianimato, ma inizia a invecchiare rapidamente. Chi è? Da dove viene? Che lingua parla? Non c’è tempo per rispondere a queste domande, perché bisogna scappare dai servizi segreti che vogliono rapire Jim e usarlo come cavia. Tra i due si stabilisce un rapporto intenso, che ridona a Robert uno scopo nella vita. Braccati dagli agenti del governo, Warren e il ragazzo trovano un aiuto insperato in Beth, che scopre che la lingua parlata da Jim è il gaelico e riesce a farli imbarcare per l’Irlanda, dove Robert fa luce sul passato del ragazzo: 100 anni prima lui e la sua famiglia erano salpati su una nave diretta negli Stati Uniti, poi affondata durante una tempesta. Il giorno dopo, al risveglio, Robert non trova più Jim al suo fianco, sparito come in un sogno. Un romanzo di amicizia e rinascita. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli.

Recensione

Avevo letto qualche recensione di questo libro ma sinceramente non mi aveva detto più di tanto, forse non avevo prestato abbastanza attenzione alla trama oppure il genere mi aveva fatta allontanare: come al solito, mi sono ricreduta. Mi sta capitando troppo spesso ultimamente, mi sa che dovrò cominciare a comprare i libri che a pelle non mi dicono molto xD
Comunque, la storia è molto semplice, ma al tempo stesso molto complessa: si parla di uno scienziato, Robert, divorato dai sensi di colpa per aver contribuito alla realizzazione delle bombe atomiche e per la perdita del figlio in guerra. Proprio questo senso di vuoto interiore lo ha spinto ad accettare un lavoro per conto del governo nella gelida Groenlandia, nel bel mezzo del nulla, lontano da tutto e forse anche da se stesso. Un giorno però Robert decide che non può più vivere in quello stato, e decide di suicidarsi: si porta fino ad uno strapiombo di ghiaccio che dà sul mare, intenzionato a lasciarsi cadere, ma il destino ha in serbo per lui tutt'altro: Robert nota un improvviso bagliore e la sua mente scientifica non può fare a meno di domandarsi da cosa possa essere prodotto. Con una corda si cala lungo la parete, e quello che si trova di fronte è.. un bambino! Ibernato! Accantonata la missione suicida, il professore riesce con una squadra di tecnici a staccare un piccolo blocco di ghiaccio contenente il bambino dalla parete e a portarlo nell'infermeria; nessuno pensa che il ragazzino possa essere vivo, ma tutti sbagliano, una volta sciolto il ghiaccio il dottore della base constata che il battito c'è, seppur debolissimo; ovviamente questa scoperta provoca scalpore, aggiungiamoci il fatto che la base è militare, otteniamo un bel gruppo di agenti del governo che vogliono portare il bambino in qualche laboratorio per studiarlo. Robert cerca di prendere le distanze da quel piccolo corpo gelido, dai vestiti decisamente antichi, dai capelli che sembrano seta, ma tutto ciò diventa impossibile quando il bambino si sveglia. Il professore si legherà sempre più al piccolo nonostante la totale assenza di comunicazione, e quando il trasferimento del bambino si avvicina, decide che non può abbandonarlo, non può disinteressarsi come ha fatto con il figlio ormai perduto, deve combattere per lui; e così fa. Una volta atterrati in America Robert e Jim - questo il nome del bambino - prenderanno la via della fuga; inizialmente staranno nel Massachussets, dove con l'aiuto della vicina Beth Robert scoprirà che Jim parla gaelico, e poi in Irlanda, dove spera di trovare la famiglia del bambino. Ma la felicità che Jim prova nel rivedere la sua terra natia svanisce molto presto..

Dopo una partenza un pò titubante, mi sono ritrovata a sfogliare le pagine senza accorgermi del tempo che passava; i sentimenti di Robert sono descritti che incredibile veridicità, mi è sembrato di vivere la sua disperazione iniziale e poi di affezionarmi in maniera incredibile al piccolo Jim; Robert è un personaggio complesso, inizialmente distaccato nei confronti di chiunque, poi sempre più coinvolto, il suo aggrapparsi al bambino ricorda un naufrago che si aggrappa ad un salvagente. Perchè per lui Jim è stato questo, un salvagente: lo ha salvato dalle ombre che popolavano la sua mente e i suoi sogni, da se stesso e dal senso di colpa; grazie a Jim, Robert riesce finalmente a ritrovare la pace.
Jim è stato decisamente il mio personaggio preferito: non riesce a farsi capire da nessuno, non sa dove si trova ma si lega a Robert - che lui chiama bobwarren - sente che lui vuole riportarlo a casa e perciò riesce a fidarsi.
Mi è piaciuta moltissimo la suddivisione del libro in tre parti, Bianco - Blu - Verde, a seconda del luogo in cui avviene la narrazione; lo stile è assolutamente scorrevole, pulito, si legge con facilità e senza rendercene conto arriviamo al finale.
Un pò triste ma assolutamente consigliato, si legge in poco tempo e ti lascia qualcosa dentro..

Fra

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